Esami prenatali: omessa o tardiva esecuzione

Durante tutta la gravidanza, la futura madre deve eseguire una serie di test diagnostici prenatali per analizzare l’eventuale presenza di patologie, alcune poco gravi altre molto rischiose.

Analisi del sangue materno ed ecografie eseguite nel corso delle settimane sono utili per diagnosticare precocemente condizioni mediche, soprattutto quelle per le quali un trattamento tempestivo può essere di vitale importanza.

Non prescrivere specifici test o farlo con ritardo nel corso della gravidanza, può avere gravissime conseguenze sia per la madre che per il bambino ed è considerata negligenza medica.

esami prenatali fatti in ritardo: rischi e complicazioni

Una donna incinta deve effettuare regolari controlli di routine nel corso di tutta la gravidanza.

Con il passare del tempo, le visite prenatali gradualmente aumentano: una al mese fino alla 26a settimana, una ogni tre settimane fino a 32 settimane, una ogni due settimane fino alla 36a settimana e una ogni settimana fino al parto.

Inoltre, aumenta gradualmente anche il numero di test diagnostici che deve eseguire, alcuni di routine, altri richiesti specificatamente in caso di problematiche insorte in gravidanza o per la presenza di fattori di rischio legati alla sua storia clinica.

In ogni caso, il non prescrivere test prenatali o farlo con ritardo aumenta le probabilità sia di complicazioni impreviste che di lesioni sia materne che fetali e per questo è considerata quale condotta medica censurabile; se il medico non richiede i giusti esami in gravidanza o non ne interpreta in modo corretto i risultati, può essere ritenuto responsabile in caso di lesioni.

Test prenatali comuni in gravidanza

Al fine di controllare l’eventuale presenza di anomalie genetiche o per approfondire i risultati ottenuti da esami più specifici, i medici possono raccomandare o prescrivere alcuni test prima del parto, specialmente nei primi due trimestri della gravidanza.

Altri test di routine valutano la salute della madre e del bambino in modo più completo, controllando la pressione sanguigna materna per monitorare i segni di preeclampsia (condizione correlata all’ipertensione), esami del sangue per controllare eventuali infezioni o anemia e per analizzare il fattore Rh, e anche analisi delle urine per infezioni e preeclampsia, patologia che porta a elevati livelli di proteine nelle urine materne.

Se la storia clinica della paziente indica rischi per la gravidanza, il medico può prescrivere altri esami come, per esempio, il test della tubercolina per le donne che vivono dove la tubercolosi è diffusa.

Alcuni esami prenatali, invece, valutano eventuali malformazioni congenite del feto mentre altri analizzano la presenza di anomalie cromosomiche e genetiche.

In ogni fase della gravidanza vengono proposti test appropriati al fine di individuare eventuali valori anomali che, se presenti, permettono di diagnosticare precocemente una patologia specifica e intraprendere tempestivamente un trattamento adeguato.

Esami per il primo trimestre di gravidanza

Nel primo trimestre, vengono eseguite ecografie per valutare la posizione, le dimensioni e l'anatomia del bambino, controllando che le ossa e gli organi del feto si sviluppino correttamente.

L’ecografia ostetrica per la traslucenza nucale, in particolare, misura il liquido interstiziale nucale del bambino; una elevata quantità indica, ma non conferma, la sindrome di Down.

Altri due test prenatali importanti sono il test di screening integrato sequenziale e il test di screening integrato nel siero, che analizzano le proteine del sangue materno e la gonadotropina corionica umana per rilevare eventuali difetti cromosomici.

Inoltre, test di screening del sangue o della saliva della donna incinta verificano se la madre è portatrice di condizioni genetiche che possono essere ereditate dal bambino, come l'atrofia muscolare spinale, patologie del sangue e disturbi respiratori.

Test condotti sul sangue materno esaminano anche la presenza di patologie come la sifilide, l'epatite, l'anemia, l'HIV, la rosolia e la compatibilità Rh (proteine del sangue) con il feto, in modo che una mamma Rh-negativa possa ricevere preventivamente immunoglobuline anti-Rh durante e dopo la gravidanza nel caso in cui il bambino fosse Rh-positivo.

Inoltre, il prelievo dei villi coriali (villocentesi), che avviene tra la 10a e la 12a settimana di gravidanza, permette l’analisi del tessuto placentare per rilevare un possibile difetto genetico nel bambino.

La villocentesi è un test che presenta lievi rischi di contrazioni e di aborto spontaneo e spesso viene eseguito in seguito a risultati ottenuti da test prenatali che mostrano potenziali anomalie cromosomiche o genetiche.

Esami per il secondo trimestre di gravidanza

Nel secondo trimestre di gravidanza (dalla 12a alla 18a settimana) si ripetono sia gli esami del sangue materno che le ecografie che sono utilizzate per monitorare la crescita del bambino ed escludere eventuali patologie come malformazioni cardiache, la fibrosi cistica, la malattia di Tay Sachs, l’anemia falciforme e altre anomalie nel feto in via di sviluppo.

Se i genitori lo desiderano, è possibile anche conoscere il sesso del nascituro con test prenatali non invasivi.

I prelievi del sangue materno, invece, vengono eseguiti per escludere la sindrome di Down e difetti del tubo neurale.

Sempre nel secondo trimestre, si esegue una ecografia che analizza con attenzione lo sviluppo dei singoli organi del feto.

Un’altra analisi utile per escludere patologie cromosomiche misura il livello di quattro proteine fetali nel sangue materno: se la madre non ha fatto questo esame nel primo trimestre può eseguirlo in questa fase, anche se il test di screening integrato sequenziale eseguito nelle prime settimane è generalmente il più affidabile per rilevare la sindrome di Down.

Nel secondo trimestre viene prescritto anche il test della glicemia materna per controllare eventuale diabete gestazionale, soprattutto perché i medici devono essere a conoscenza di eventuali rischi sia per la madre che per il bambino (che può essere ipoglicemico alla nascita) e prepararsi adeguatamente alla possibilità di un parto cesareo, che è più probabile per i bambini grandi di madri con diabete gestazionale.

Un ultimo esame condotto nel secondo trimestre è l'amniocentesi che consiste nel prelievo di liquido amniotico dall'utero per escludere patologie genetiche o cromosomiche nel feto.

Questo test viene eseguito a 15 settimane di gravidanza, nel caso in cui i test di screening precedenti indicassero valori anomali, se la madre ha già avuto un bambino con patologie genetiche, se esiste una storia familiare per malattie genetiche, se i genitori sono portatori di anomalie genetiche o se la madre ha più di 35 anni.

Screening prenatale nel terzo trimestre di gravidanza

Nel terzo trimestre viene eseguita una ulteriore ecografia che analizzare lo sviluppo degli organi del bambino. Inoltre la madre viene sottoposta al test per lo Streptococco di tipo B, batterio responsabile di molte infezioni nelle madri e nei loro bambini.

Questo batterio vive nell'intestino, nella vagina, nella gola e nella bocca ed è particolarmente pericoloso per il neonato che ha un sistema immunitario non ancora ben sviluppato. Il test viene eseguito a 36-37 settimane e, se positivo, vengono somministrati antibiotici specifici durante tutto il travaglio.

Infine, se la madre è preoccupata per l’assenza o la poca frequenza di movimento del bambino, un medico può istruirla a contare i calci per monitorare il livello di attività fetale nell'utero.

Conseguenze in caso di test prenatali insufficienti o eseguiti con ritardo

Se il medico o ginecologo curante conoscono l’esistenza di determinate patologie nella storia clinica dei genitori o della famiglia del nascituro, deve indirizzare la futura madre da un genetista che può valutare la situazione ed informarla degli eventuali rischi oppure deve proporre frequenti e costanti test prenatali dall’inizio fino alla fine della gravidanza.

Molte condizioni, come le anomalie placentari o le infezioni, richiedono sia una diagnosi che un trattamento precoci per prevenire lesioni permanenti nella madre, nel bambino o in entrambi.

In caso di epatite non diagnostica, per esempio, il nascituro può subire infezioni permanenti o, in caso di incompatibilità del fattore Rh, può subire danni cerebrali o anemia.

Concludendo, un corretto screening prenatale è fondamentale per un approccio consapevole e informato della gravidanza.

Tale aporoccio è fondamentale per sia per i professionisti sanitari che devono seguire la madre per tutta la gravidanza, ma anche per i futuri genitori che meritano di prendere le migliori decisioni per se stessi e per la salute del loro bambino.

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