Progressi nella diagnosi e nel trattamento della paralisi cerebrale infantile

Le cause della paralisi cerebrale infantile

Per paralisi cerebrale infantile (congenita o acquisita in seguito a lesione ipossico-ischemica) si intende un gruppo di disturbi che compromettono la capacità di movimento del paziente influenzandone la funzione motoria fine e grossolana, l'equilibrio, la postura e la coordinazione, con sintomi estremamente variabili da persona a persona.

La paralisi cerebrale infantile può avere gravissime conseguenze sul paziente che può richiedere cure a vita. La paralisi cerebrale infantile compromette le abilità motorie del paziente e trattamenti come il trapianto di cellule staminali, l’utilizzo di tossina b-tulinic o l’esecuzione della rizotomia spinale, a oggi, sono le uniche terapie che possono consentire un recupero, anche se parziale.

La risonanza magnetica qualitativa è una tipologia avanzata di risonanza magnetica che permette una diagnosi precoce di questa condizione e una migliore analisi della materia grigia, la regione cerebrale maggiormente compromessa in seguito a paralisi cerebrale infantile.

Le cause della paralisi cerebrale infantile

Le cause della paralisi cerebrale infantile possono essere molteplici; la maggior parte dei casi, comunque, sono legati a fattori precedenti al travaglio di parto, come infezioni contratte durante la gravidanza, patologie materne e malformazioni cerebrali. In altri casi, invece, la paralisi cerebrale infantile deriva da una lesione che si è verificata poco prima, durante o dopo il parto (peripartum o perinatale).

Una delle cause perinatali più comuni di paralisi cerebrale infantile è la mancanza di ossigeno surante il parto o ipossia intrapartum: se il feto viene privato di ossigeno prima, durante o immediatamente dopo la nascita, può subire danni che si traducono in paralisi cerebrale infantile. I bambini possono subire ipossia per diverse ragioni; la più comune è il ritardo nella esecuzione di un parto cesareo. La paralisi cerebrale infantile può verificarsi anche in seguito all’utilizzo negligente del forcipe o della ventosa ostetrica durante il parto.

La tecnologia potrebbe aiutare a diagnosticare la paralisi cerebrale infantile

L’utilizzo della risonanza magnetica è fondamentale per la diagnosi di lesioni e patologie all’interno del corpo umano. Da decenni, infatti, viene usata per diagnosticare patologie neurologiche e rilevare danni cerebrali. La risonanza magnetica standard, però, così come evidenziato in uno studio pubblicato dalla rivista BioMed Research International, ha dei limiti e solo una diversa tipologia di risonanza magnetica potrebbe aiutare i medici a diagnosticare una condizione clinica come la paralisi cerebrale infantile.

Il corpo umano è composto principalmente da acqua, le cui molecole rispondono ai cambiamenti dei campi magnetici all'esterno del corpo. La risonanza magnetica invia onde magnetiche verso il corpo e registra i cambiamenti delle particelle subatomiche nelle molecole d'acqua. Questi dati vengono poi messi insieme per creare una immagine.

La risonanza magnetica convenzionale, però, non è in grado di rilevare il tessuto che compone la materia grigia del sistema nervoso centrale, che è la regione anatomica più compromessa in seguito a paralisi cerebrale infantile. Per osservare la materia grigia, però, i medici possono utilizzare uno strumento più avanzato, la risonanza magnetica qualitativa, grazie alla quale hanno scoperto che i pazienti con paralisi cerebrale infantile hanno un quantitativo inferiore di materia grigia rispetto ai sani, indicando degenerazione e/o danni alle cellule neuronali. Poiché queste cellule sono utilizzate per trasmettere le informazioni, le lesioni riscontrate possono influenzare notevolmente le capacità cognitive del paziente.

Un’analisi accurata della materia grigia nei pazienti con paralisi cerebrale infantile aiuterà i medici a comprendere i meccanismi patologici e fisiologici della malattia al fine di individuare il trattamento migliore per questa condizione, garantendo di conseguenza una prognosi migliore. La risonanza magnetica qualitativa, inoltre, permette anche di effettuare una diagnosi precoce della paralisi cerebrale infantile.

Progressi nel trattamento della paralisi cerebrale infantile

Gli studi sull’utilizzo delle cellule staminali per ridurre il numero delle cellule cerebrali danneggiate sono ancora nelle fasi iniziali, ma potrebbero potenzialmente aiutare a ridurre il numero delle cellule neuronali lesionate in seguito a danno cerebrale. Esistono, però, dei limiti pratici e temporali legati all’utilizzo di questo trattamento: le cellule staminali dovrebbero essere somministrate subito dopo il danno cerebrale, prima che le cellule neuronali vadano incontro a morte. Nonostante questa finestra temporale ristretta, però, questa tecnica potrebbe comunque aiutare molti pazienti con paralisi cerebrale infantile.

Un altro trattamento, definito Action Observation Training, generalmente utilizzato nei pazienti adulti vittime di ictus, consente di “addestrare” il cervello di un paziente con paralisi cerebrale infantile a utilizzare gli arti colpiti mediante l’imitazione. I pazienti, infatti, devono riprodurre delle semplici azioni (appropriate alla loro età) che vengono proposte loro mediante la visione di video. I pazienti con paralisi cerebrale infantile sottoposti a questa terapia mostrano una maggiore funzione motoria rispetto a quelli non trattati.

Il B-tox è generalmente utilizzato per scopi cosmetici, ma se abbinato a un trattamento fisioterapico appropriato può ridurre notevolmente gli spasmi muscolari e la tensione nei pazienti con paralisi cerebrale infantile. Il B-tox, infatti, può rilassare i nervi intorno ai muscoli colpiti, fornendo ai pazienti maggiore movimento e mobilità.

Un altro modo per ridurre gli spasmi negli arti colpiti è effettuare una rizotomia dorsale, operazione chirurgica spinale che consiste nell’effettuare una piccola incisione alla fine del midollo spinale per esporre le radici dei nervi che controllano le gambe. Ciò consente di tagliare i nervi danneggiati diminuendo gli spasmi negli arti inferiori. Nonostante questo tipo di intervento comporti molti rischi, alcuni pazienti con difficoltà motoria nel compiere anche brevi distanze, grazie a questo trattamento hanno ripreso a camminare.

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