Paralisi cerebrale infantile: aspettative di vita

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La maggior parte dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile, nonostante possano necessitare, durante la loro vita, di molteplici visite mediche specialistiche, di terapie, di interventi chirurgici, dell’assistenza di un’insegnante di sostegno e dell’ausilio di tecnologia assistiva, possono condurre delle vite lunghe e felici.

Tuttavia, la gravità della condizione del bambino o un improprio trattamento dei suoi sintomi possono determinare il rischio di una diminuzione della sua aspettativa di vita.

I risultati della ricerca scientifica nel campo della paralisi cerebrale infantile indicano che un adeguato trattamento dello stato di salute del bambino può ottimizzare la sua aspettativa di vita.

La paralisi cerebrale infantile è una condizione che non progredisce. Ciò significa che la lesione encefalica che determina la paralisi cerebrale e le conseguenti disfunzioni motorie non peggiorerà o cambierà col passare del tempo. Tuttavia, altre condizioni, note come condizioni associative e fattori attenuanti, non essendo causati dalla medesima lesione encefalica, col passare del tempo possono subire delle variazioni. La portata di tali variazioni dipende dalla gravità della condizione e dal trattamento applicato e può avere riflessi (sia positivi che negativi) sulle generali condizioni di salute ed aspettativa di vita del soggetto. Condizioni comunemente associate alla paralisi cerebrale infantile sono disabilità intellettuale, difficoltà nell’alimentazione, convulsioni, compromissioni della vista e compromissioni dell’udito.

In alcuni casi può verificarsi il decesso del neonato durante la nascita o nei momenti immediatamente ad essa successivi. Grazie agli avanzamenti della tecnologia e della scienza, tuttavia, molti bambini che in passato sarebbero stati destinati alla morte, riescono a sopravvivere. Tali bambini, tuttavia, sono spesso affetti da condizioni particolarmente gravi.

La paralisi cerebrale infantile viene diagnosticata nella maggior parte dei casi tra il terzo ed il quarto anno di vita del bambino. Una volta effettuata la diagnosi, l’attenzione si appunta sul problema motorio e sulla salute del bambino in generale. Ad esempio, il bambino con paralisi cerebrale può avere una disfunzione motoria orale (i muscoli facciali sono compromessi e, di conseguenza, la masticazione e la deglutizione sono più difficoltosi). La disfunzione motoria orale può determinare un aumento del rischio di contrarre pneumonia ed infezioni. Al fine di ottimizzare lo stato di salute del bambino, tali condizioni devono essere trattate in maniera appropriata.

Ciascuna delle condizioni associate determina la necessità che sia predisposto in maniera appropriata un determinato trattamento. Ogni situazione è unica e dipende da una varietà di fattori.

Fattori incidenti sull'aspettativa di vita

In generale, l’adeguata conoscenza e l’appropriato trattamento dei sintomi di una condizione consente la diminuzione del rischio e la conseguente ottimizzazione dell’aspettativa di vita del soggetto. In particolare in ordine alla paralisi cerebrale infantile, i fattori incidenti sull’aspettativa di vita del bambino sono i seguenti:

  • Quantità di compromissioni motorie e disabilità delle quali il soggetto è affetto
  • Livello di gravità
  • Limitazione della capacità deambulatoria
  • Difficoltà a nutrirsi
  • Convulsioni
  • Funzione cognitiva
  • Capacità visiva
  • Funzione respiratoria

Ottimizzazione dell'aspettativa di vita

Il personale medico e i familiari possono svolgere un ruolo cruciale nel ridurre i fattori di rischio di diminuzione dell’aspettativa di vita. I genitori trascorrono la maggior parte del tempo con il bambino e conoscono i suoi bisogni quotidiani ed il modo in cui soddisfarli. I genitori svolgono anche l’importante funzione di assistere il medico specialista nell’identificare e classificare la condizione del bambino, nell’individuarne i progressi o gli aggravamenti. L’uso di un piano di cura può aiutare i genitori nell’individuare gli obiettivi e definire i metodi di trattamento.

La condizione di ciascun bambino è unica ed il medico deve, di conseguenza, individuare gli obiettivi ed il trattamento da seguire non in base alla disfunzione ma in base all’individuo.

I genitori, al fine di ottimizzare le cure e la qualità di vita del bambino dovrebbero seguire un piano attraverso il conseguimento delle seguenti tappe:

  • Individuare gli obiettivi della terapia e del trattamento insieme al medico
  • Iniziare la terapia ed il trattamento il prima possibile
  • Tenere presente che complicazioni importanti possono verificarsi in ogni momento al fine di riconoscere e minimizzare tali fattori, agire tempestivamente o chiedere assistenza, se necessario.

Gli obiettivi di un piano di cura per ottimizzare l’aspettativa di vita dei bambini affetti da paralisi cerebrale includono:

  • Ottimizzazione della mobilità
  • Gestione delle condizioni primarie
  • Controllo del dolore
  • Prevenire e trattare complicazioni, condizioni associate e fattori attenuanti
  • Massimizzare l’indipendenza
  • aumentare le interazioni sociali
  • Favorire la cura di sé
  • Massimizzare la comunicazione
  • Massimizzare le capacità di apprendimento
  • Migliorare la qualità della vita

Ricercare attivamente soluzioni volte alla cura dei seguenti sintomi:

  • Difficoltà nella deambulazione
  • Difficoltà a nutrirsi
  • Convulsioni
  • Problemi cognitivi
  • Problemi di vista
  • Problemi d’udito
  • Problemi respiratori
  • Mobilià

Un bambino affetto da paralisi cerebrale infantile può richiedere, rispetto ad un bambino senza alcuna disabilità, un alto livello di assistenza. Tuttavia, anche il bambino affetto da paralisi cerebrale è in grado di condurre una vita lunga, felice e di livello qualitativo elevato. Creare un piano di cure, ricercare prospettive e rendere la vita del bambino gioiosa sono di aiuto sia al bambino che ai genitori. Una parte importante del crescere un bambino con paralisi cerebrale è quella di insegnare al bambino ma anche, a sua volta, di imparare dal bambino.

Calcolo dell'aspettativa di vita

L’aspettativa di vita è il calcolo della media di sopravvivenza di una certa popolazione di individui con condizioni simili. Non si tratta del tempo effettivo di sopravvivenza dell’individuo. Ciascun soggetto potrà avere una vita molto più lunga o molto più breve rispetto all’aspettativa stimata. La distinzione è importante.

Il calcolo dell’aspettativa di vita è volta a realizzare due fondamentali obiettivi. In primo luogo è volta a rispondere, nei limiti anzidetti, alla seguente domanda dei genitori: “Mio figlio sopravviverà? Quanti anni vivrà?”.

In secondo luogo, il calcolo dell’aspettativa di vita è volto a stimare, nell’ambito del procedimento volto ad ottenere il risarcimento del danno, le spese cui la famiglia del bambino affetto da paralisi cerebrale infantile andrà incontro per tutta la vita. Tali spese sono di entità rilevantissima, a volte addirittura maggiori dell’intero ammontare del risarcimento del danno permanente biologico (danno fisico subito dal bambino) e del danno patrimoniale da lucro cessante (il danno consistente nell’azzeramento della capacità del soggetto di produrre reddito).

Sotto tale profilo il calcolo dell’aspettativa di vita ha una importanza ancora più rilevante se si pensa che nella prassi risarcitoria italiana, il criterio seguito dai giudici è quello di calcolare una cifra unica, omnicomprensiva, in un unico tempo, che tiene conto non solo del danno come emerge al momento del giudizio, ma anche di come esso si proietterà nel futuro.

Il processo di capitalizzazione delle spese future si deve basare essenzialmente su due parametri:

  1. costo annuale delle cure
  2. l’aspettativa di vita del soggetto leso, ovvero il numero di anni che si presume quel soggetto ancora vivrà

1. primo parametro di capitalizzazione delle spese: il costo annuale delle cure

Per la sua quasi totalità, il costo annuale delle cure si determina in base a cinque diversi parametri:

  • l’assistenza sanitaria (attività specialistica, medica, infermieristica);
  • l’acquisto di farmaci;
  • l’adeguamento dell’ambiente domestico;
  • l’acquisto di presidi di supporto;
  • l’assistenza ausiliaria (attività non specialistica, supporto di collaboratori interni o esterni)

Inoltre, al fine di pervenire ad una definizione equa ed obiettiva del grado di dipendenza del soggetto che consenta di stabilire le ore di assistenza necessarie per ogni singolo individuo è di indubbia utilità pratica il metodo di valutazione di seguito illustrato.

Al soggetto è assegnato, per ciascuna delle seguenti attività elementari della vita quotidiana, un punteggio pari a 10, 5 o 0 a seconda che per lo svolgimento della particolare attività il soggetto stesso necessiti di assistenza completa, parziale o di nessuna assistenza:

1. Vestirsi e svestirsi

2. Farsi il bagno o la doccia

3. Igiene del corpo

4. Bere e mangiare

5 Mobilità

6. Continenza

In base al punteggio ottenuto sarà possibile desumere un’indicazione orientativa del numero di ore giornaliere di assistenza ausiliaria necessaria.

2. Secondo parametro di capitalizzazione delle spese: l'aspettativa di vita del soggetto leso

Decisamente più complesso è il secondo parametro da considerare per calcolare le spese di assistenza futura, ovvero il numero di anni che si presume quel soggetto affetto da paralisi cerebrale ancora vivrà. I fattori principali dai quali l’aspettativa di vita di tali soggetti dipende sono rappresentati, oltre che dall’età, dalle capacità funzionali di base (capacità motorie e di alimentarsi) e dalle capacità cognitive (ad es. comunicazione verbale e non verbale).

Uno degli studi principali sull’aspettativa di vita nelle persone severamente disabili è quello Eyman e collaboratori effettuato su 99.543 persone con deficit dello sviluppo psicomotorio seguite dal “Dipartimento dei Servizi sullo Sviluppo” della California nel periodo compreso tra il marzo 1989 e l’ottobre 1997. I ricercatori rilevarono che se una persona era affetta da ritardo mentale severo e profondo, non era in grado di provvedere autonomamente alla propria igiene intima ed era alimentata attraverso una gastrostomia, la sua aspettativa di vita era di soli 4-5 anni se all’inizio dello studio aveva un’età compresa tra 1 e 24 anni. In particolare, nello studio veniva individuata la mobilità (o la immobilità) come il più importante singolo fattore predittivo del rischio di mortalità.

Alcuni anni dopo Hutton e collaboratori (1994) valutarono 1.251 soggetti con paralisi cerebrale nati tra il 1966 e il 1984 nella regione del Mersey del Regno Unito utilizzando registri ad hoc ospedalieri e comunitari. Gli autori riscontrarono che le morti si concentravano nei gruppi di soggetti con disabilità più gravi e che il gruppo di peso normale alla nascita (>2.500 g) conteneva la maggior parte dei soggetti con disabilità definita severa in ciascuna delle tre categorie di disabilità (deambulazione, destrezza manuale, abilità mentale). Ancora una volta fu quindi evidenziato che l’incapacità a muoversi era il più importante singolo fattore statistico predittivo della mortalità.

Strauss D. e Shavelle R., ricercatori statunitensi della University of California, in uno studio pubblicato nel 1998 sul “Journal of Insurance Medicine, basandosi su un database costituito da 42.371 persone di tutte le età affette da paralisi cerebrale (di cui il 52% tetraplegiche), hanno evidenziato che la presenza o la assenza di tetraparesi costituisce il più importante fattore che influenza la sopravvivenza.

A conclusioni simili (ovvero che il grado di disabilità influenza significativamente l’aspettativa di vita) è pervenuto un altro studio pubblicato da ricercatori del regno unito (Hutton J.L. et all.) su “Arch dis Child” del 2000, che ha preso in esame 596 soggetti affetti da paralisi cerebrale nati tra il 1960 e il 1990. Da tale ricerca, infatti, è emerso che più di un terzo dei casi con disabilità severa (ossia incapaci di alimentarsi, vestirsi e camminare autonomamente) sono morti prima dei trent’anni; di quelli con disabilità cognitiva severa, il 63% è vissuto fino a 35 anni (il 58% con disabilità motoria severa), mentre nel 98% dei pazienti senza disabilità severa è giunto fino a 35 anni.

Secondo questo studio, dunque, la maggioranza dei pazienti affetti da paralisi cerebrale senza disabilità severa giungerebbe all’età adulta, mentre accadeva il contrario nei soggetti portatori di disabilità gravi, incapaci di deambulare, vestirsi, lavarsi ed alimentarsi autonomamente. Questi ricercatori hanno altresì introdotto il concetto di “Lifestyle Assessment Score” (LAS), che sta ad indicare l’impatto della disabilità nei bambini e nelle loro famiglie e che fa riferimento a vari parametri (indipendenza fisica, aggravio economico, integrazione sociale, scolastica, lavorativa, ecc.).

Infine, nel 2001 autori australiani (Blair E. et all.) basandosi sul “Western Australia Cerebral Palsy register” comprendente 2014 persone nate con paralisi cerebrale nel 1958 e il 1994, hanno messo in luce che i fattori più importanti che influenzano la sopravvivenza sono rappresentati, in ordine di importanza, da deficit cognitivo, da quello motorio severo e dall’età gestazionale alla nascita, atteso che i bambini nati dopo la 32ª settimana di gestazione sarebbero a rischio di mortalità più di quelli nati pretermine.

Lo studio mostra che circa il 6% di tutti i soggetti con paralisi cerebrale muore prima dell’età di cinque anni e un altro 11% tra i 5 e i 40 anni. Si stima, inoltre, che tra i soggetti con profondo deficit intellettivo, il 22% muoia prima di cinque anni ed il 50% prima dei 18 anni, comparato al 10% ed al 24%, rispettivamente, di quelli con deficit intellettivo severo e al 2,8% di quelli con quoziente intellettivo più elevato. Lo stesso studio, infine, mostra che la sopravvivenza è inversamente correlata alla severità della disabilità motoria.

Per quanto attiene all’aspettativa di vita dei soggetti con paralisi cerebrale nell’età adulta, la ricerca di riferimento può considerarsi quella, indicata sopra, effettuata da Strauss e Shavelle nel 1998. Gli autori hanno evidenziato che alcuni parametri, quali l’eziologia della paralisi cerebrale, la localizzazione della disfunzione motoria (tetraparesi, emiparesi, paraparesi, diparesi), la presenza o meno di epilessia, le capacità cognitive e comunicative, non influenzano significativamente l’aspettativa di vita dei soggetti con paralisi cerebrale di età adulta, mentre altri parametri quali la capacità di alzare la testa dalla posizione supina, la capacità di rotolare o sedersi, nonché le modalità con cui il soggetto si alimenta (mediante gastrostomia, aiuto di altre persone o autonomamente, anche se con le dita), incidono notevolmente sulla sopravvivenza dei soggetti anzidetti.

In definitiva, l’analisi della letteratura degli ultimi anni che si è occupata del calcolo delle aspettative di vita dei soggetti affetti da paralisi cerebrale fornisce al medico legale gli strumenti per giungere ad indicazioni scientificamente fondate sulle aspettative di vita di tali soggetti e, dunque, sul numero di anni di cui occorre legittimamente tener conto per capitalizzare le spese future di assistenza.

Lo studio della letteratura ci dice infatti che, pur discutendosi dello stesso gruppo di pazienti, all’interno del quale la maggior parte dei soggetti sono portatori di grandissimi handicap e, dunque, di danni permanenti biologici elevatissimi, vi è la possibilità di analizzare alcune caratteristiche della condizione menomativa che hanno implicazioni prognostiche quoad vitam di maggiore rilievo rispetto ad altre, fino a consentire la identificazione di quei soggetti che hanno attesa di vita maggiori rispetto ad altri e, dunque, necessità per tempi maggiori di supporti assistenziali e terapeutici.

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